sabato 31 marzo 2012

La Storia dello sci estremo



Lo Sci Estremo

Nei primi anni ʻ70, sulla catena del Monte Bianco ebbe inizio la straordinaria avventura di alcuni alpinisti–sciatori estremi di eccezionale coraggio. Fino ad allora, nessuno aveva osato avventurarsi su terreni con pendenze simili, sfidando il vuoto con discese al limite dellʼimpossibile. I francesi Anselme Baud, Patrick Vallencent, Silavain Saudand, Jean Marc Boivin e lʼitaliano Stefano de Benedetti, scrissero pagine memorabili di sci estremo che ancora oggi rappresentano il riferimento per i pochi sciatori del ripido che ne seguono affascinati le orme. A differenza di tante altre attività sportive dove i limiti sono superati di continuo con il progresso tecnico nello sci estremo furono stabiliti già allora ed ancora oggi resistono. Mentre nellʼalpinismo, gli scalatori progrediscono in cordata, assicurati tra di loro e ancorati alla parete che garantisce una certa sicurezza, per gli sciatori del ripido non è possibile proteggersi da eventuali cadute. Lo sci estremo è unʼattività riservata a pochi eletti, con capacità tecniche e di valutazione dellʼambiente sopraffine, unitamente a nervi saldi e doti non comuni nel gestire le ansie che inevitabilmente accompagnano le discese più audaci.Diversi sport sono etichettati come attività estreme ma, spesso a sproposito. Lo sci ripido rappresenta invece la vera essenza dellʼestremo, poche altre attività possono procurare scariche di adrenalina simili e nello stesso tempo garantire incommensurabili gratificazioni.



Les Dames Anglaises
Sulla catena del Monte Bianco, fra LʼAiguille Blanche e lʼAiguille Noire di Peuterey si eleva una serie di cinque ardite guglie. Allineate sulla cresta di Peteurey, la prima che si distingue verso nord è LʼIsolée. Seguono Casati, Castelnuovo la più alta (3.610 m), Jolanda e la Cretier, anchʼessa da sola sullo spigolo che scende verso il ghiacciaio della Brenva. Anticamente erano chiamate “Les Demoiselles Anglaises”, probabilmente la loro forma slanciata ne aveva suggerito il nome.
Rimasero a lungo “zitelle”, forse per la loro notevole verticalità che incuteva un certo timore, forse perché i nostri vecchi erano interessati a vette più alte ed importanti, furono a lungo ignorate dalle Guide Alpine di allora. Solo nel 1901 Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi con le guide di Courmayeur Laurent Croux e Ciprien Savoye riuscì a conquistare la punta più meridionale e la chiamò ”Punta Jolanda”, in onore della principessa Jolanda di Savoia. Le altre cime furono conquistate negli anni successivi; 1902 la Casati, Castelnuovo 1907, lʼ Isolée 1912 e la Cretier nel 1928. Le cinque guglie sono separate a nord tra il Picco Guglielmina e LʼIsolée, dalla Brèches nord che solca entrambi i versanti della montagna formando enormi canaloni che scendono rispettivamente ad ovest sul ghiaccio del Freney e ad est verso la Brenva.
A sud invece, la Brèche omonima, separa la punta Jolanda dallʼimponente Aiguille Noire de Peuterey. Il canalone ad ovest solca la montagna per 300 metri di dislivello verso il ghiacciaio del Freney. Sul versante Brenva un formidabile canalone, affluente del ghiacciaio sospeso della parete nord dellʼAiguille Noire precipita per circa 700 metri di dislivello.
La discesa con gli sci del canale non è mai stata tentata essendo molto impervio, ripido e poco accessibile rispetto al canalone che porta alla Brèche nord, abituale via di accesso al Bivacco Craveri e alla cresta di Peuterey.

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